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  La Sinagoga Piazzetta Primo Levi (già Via San Pio V, 12)
(tram: 9-18 bus: 52-64-67)

 

Le distruzione del bombardamento del novembre 1942.
Le distruzione del bombardamento del novembre 1942.

"21 novembre 1942. Stamani mi sveglio verso le sette e scendo con la mamma. Le vie sono cosparse di frammenti di vetro e biancheggianti di fosforo, i negozi sembrano saccheggiati, ma abbiamo l'impressione che gli incendi di questa notte lasciassero prevedere il peggio. Per la strada grande animazione, crocchi presso i luoghi colpiti.
Sembra anche ci sia più gente perché i tram non funzionano. Piazza San Carlo brucia ancora ed è piena di gente. Ero in corso Vittorio quando incontro una mia alunna che mi dice che il Tempio è bruciato. Viene appunto di là e mi riferisce che qualche passante diceva: 'Sta bene agli ebrei che hanno voluto la guerra'. Vado a vedere. L'interno è tutto distrutto e coperto di calcinacci. Tutt'intorno quasi intatte le mura con le quattro torri. Anche la Comunità è incendiata e la scuola pericolante".

La prima celebrazione religiosa alla fine della guerra.
La prima celebrazione religiosa alla fine della guerra.

Così Emanuele Artom annotava nel suo diario il fatto del giorno. Costruita poco più di mezzo secolo prima, ammirata per i magnifici lampadari e altri ornamenti, con i soffitti a cassettoni dipinti in oro zecchino, la Sinagoga crollò sotto i colpi delle bombe; secondo una leggenda cittadina le macerie furono setacciate come una miniera e da esse si trassero svariati chili del prezioso metallo. I preziosi rotoli della legge, i libri della Torah, furono scovati da mani sacrileghe e rivenduti al mercato del Balôn come cuoio da scarpe.

La Sinagoga ricostruita, oggi.
La Sinagoga ricostruita, oggi.

Gran parte dell'argenteria sacra, i libri, i manti, altri vecchi rotoli della Legge furono sottratti alle razzie perchè seppelliti nel cimitero, secondo un'antica tradizione ebraica dall'attivissimo segretario della Comunità, Davidino Momigliano e dell'altrettanto instancabile vicerabbino Giacomo Debenedetti.
Dalla parte di via Sant'Anselmo, al numero 7 c'era l'entrata degli sposi, ora murata. L'edificio era a un piano: ospitava le aule della scuola, normi cameroni strutturati alla vecchia maniera, e, in fondo un grande salone per la ginnastica e la refezione. Ivi anche gli uffici del Rabbino Dario Disegni.
Nel sotterraneo, sotto il tempio maggiore, c'era il forno dove si cuocevano le azzime, il pane non lievitato della Pasqua ebraica.
Il bombardamento distrusse quasi interamente il tempio, bruciarono i banchi, s'infiammò il matroneo e furono distrutti gli uffici e gli archivi comunitari; le funzioni religiose continuarono nel non lontano tempietto dell'Orfanotrofio.

Opere citate:
Artom E., Diari (1940-1944), a cura di P. Debenedetti e E.Ravenna, Milano, Cdec, 1966
 

 
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